Lo scopo di questo blog


Fare bene due cose contemporaneamente, è difficile. In Politica, ancora di più.
Chi è stato eletto ad una carica, non deve ricoprirne altre, ma portare a termine la prima nel modo migliore.
Questo Blog è nato per segnalare tutti quei casi di politici italiani che ricoprono doppi incarichi (elettivi o di nomina politica), o che abbandonano la posizione per cui sono stati eletti per candidarsi ad un'altra (Rispetto del Mandato), o che si candidano contemporaneamente a piu' cariche, per scegliere la piu' conveniente.
Per ciascuno di questi politici cerchiamo di fornire tutti i riferirmenti ed i contatti, invitandovi a scrivergli per convincerli a comportarsi correttamente verso i propri elettori, anche se la legge, a volte, non lo impone.
In sezioni dedicate del Blog vi daremo tutti gli aggiornamenti e le risposte dei politici interpellati.
Partecipate! fate sentire la vostra voce!

giovedì 28 maggio 2015

Doppi incarichi e conflitti di interesse: #statetranquilli

Da "Il Giorno" di mercoledi 27 giugno
Qualcuno ci accusa, a volte, di continuare a lamentarci e di non apprezzare mai quello che si sta facendo, poco o tanto che sia, per uscire dal nostro stato di Paese arretrato e corrotto.
Può darsi che sia anche vero, però ci capita sempre più spesso di toccare con mano i problemi, gli intralci, a volte anche gli scandali che le "forme patologiche" da noi denunciate - spesso nemmeno percepite dalla società civile (e men che meno da chi le dovrebbe sanare, la "politica") - causano al tessuto sociale ed in generale alla qualità della vita di tutti noi.

Uno di questi casi, palesemente dovuto alla inadeguatezza della relativa legge istitutiva (la legge 57/2014, la cosiddetta "legge Del Rio"), si è presentato proprio in questi giorni, a otto mesi esatti dall'elezione del Consiglio dell'Area Metropolitana milanese.

Vi raccontiamo un caso balzato all'onore della cronoca proprio in questi giorni, come si vede dalla foto qui sopra.
Una società immobiliare, che vuole ampliare del 50% il proprio immobile (un Centro Commerciale, per la cronaca), utilizzando per la viabilità necessaria un'area agricola adiacente, presenta un ricorso al TAR contro il PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale) approvato dalla Provincia di Milano nel 2013, che su quell'area prevede un vincolo "strategico" (cioè non utilizzabile, se non a fini agricoli).
Il TAR dà ragione all'immobiliarista, di fatto eliminando il vincolo e concedendo la realizzazione nell'area in questione di quanto desiderato (uno svincolo stradale a servizio dell'ampliamento richiesto).

Di norma, chi perde un ricorso avverso (la Provincia), ha la possibilità di appellarsi al Consiglio di Stato, per far valere le proprie ragioni e lo deve fare entro 6 mesi dalla prima sentenza.
Ma la Provincia non esiste più, perciò toccherebbe all'Area Metropolitana, che ne ha ereditato le funzioni, presentare tale ricorso, i cui termini scadono il 21 giugno, tra poche settimane.
Uno dei membri del Consiglio Metropolitano è delegato alla Gestione del Piano Strategico del Territorio Metropolitano (il vecchio PTCP), oltre che alla Pianificazione territoriale generale e paesistico-ambientale: chi meglio di lui potrebbe occuparsi del ricorso, per tentare di difendere gli interessi ambientali metropolitani/provinciali?

Ma c'è un problemino ... il consigliere in questione, tale Eugenio Comincini, è anche sindaco di Cernusco sul Naviglio, guarda caso il comune in cui si trova l'area agricola di cui sopra. Inoltre, proprio l'Amministrazione di quel Comune, capitanata dal Comincini, il 28 luglio scorso ha approvato un "accordo di programma" che ha dato l'avvio proprio a quella procedura di ampliamento, che la società immobiliare vuole portare avanti anche a suon di ricorsi al TAR.

Non so se è chiaro: il Comincini, come sindaco è favorevole all'ampliamento, ma come consigliere delegato alla gestione del territorio metropolitano, dovrebbe essere contrario e battersi contro il consumo di suolo. Un bel conflitto di interessi, che però, come detto, non preoccupa minimamente il Nostro. Che intervistato da "Il Giorno" risponde candidamente: "nella città metropolitana ci sono solo sindaci, come noto. Quindi prima o poi siamo tutti in conflitto di interessi., [...]. Quindi Legambiente [che ha sollevato il problema, n.d.r.] può stare tranquilla: sulla questione deciderà Pisapia. Come su quelle di Milano, che chiamano in causa direttamente lui, decido io. Questo è il meccanisco. Trasparente ed efficace".
Se lo dice lui.

sabato 7 febbraio 2015

Vincolo di Mandato? la proposta dirompente sarebbe un'altra

Due eminenti intellettuali del panorama politico italiano, statisti di prima grandezza, ci hanno nuovamente deliziato oggi con uno dei loro preferiti cavalli di battaglia: l'introduzione del vincolo di mandato per i parlamentari.
E' di questi giorni lo scioglimento di uno dei piccoli gruppi parlamentari formatisi dopo le elezioni del 2013: Scelta Civica. I suoi parlamentari (ultimi rimasti, molti se n'erano già andati nei mesi scorsi) sono in gran parte confluiti nel PD, facendo gridare allo scandalo Grillo e Salvini (i due intellettuali di cui sopra): questo cambio di casacca nasconde senz'altro un turpe mercimonio, uno scambio di favori che ha come unico scopo prolungare la vita del governo (e quindi la loro permanenza in Parlamento).
L'assurdità di tali motivazioni si commenta da sola e denota una totale assenza di intelligenza e visione politica. E' ovvio che in tali personaggi alberga solo il più banale populismo, che vorrebbe far leva sulla giusta indignazione dei cittadini per pratiche che, concordiamo, sono generalmente piuttosto antipatiche.
Come in altre uscite dei due grandi statisti, raramente la loro proposta è la soluzione migliore al problema reale da stigmatizzare.
Il vincolo di mandato fu espressamente escluso dei padri costituenti, che dopo una lunga discussione concordarono sul fatto che il Parlamentare, una volta eletto, rappresenta tutti i cittadini ed esercita il suo compito legislativo in totale libertà e rispetto della propria indipendenza. E' questo lo spirito dell'articolo 67 della Costituzione, che appunto esclude ogni obbligo del singolo Parlamentare verso il partito in cui è stato eletto e finanche verso il programma elettorale su cui si è basata la sua elezione.
Naturalmente, le motivazioni addotte a giustificazione dei cambi di casacca sono sempre attribuite a cause contingenti, a cambi di linea del partito e quindi fatte in nome della fedeltà ai propri principi. 
E' ovvio che la realtà è spesso molto diversa, più prosaica e banale: si cambia gruppo, molto spesso, semplicemente in cambio di un qualche incarico di rilievo, nel governo o da qualche altra parte, o per una promessa di rielezione.
Perciò, piuttosto che chiedere le dimissioni "per tradimento dell'impegno preso con gli elettori" (difficilmente dimostrabile, spesso), sarebbe molto più semplice vietare il doppio incarico di parlamentare e di governo: se qualcuno, per ricoprire un ruolo di sottosegretario nel governo, fosse costretto a rinunciare al seggio (ed allo stipendio) da parlamentare, certamente si renderebbero più stabili le maggioranze ed i governi e più rari i cambi di casacca.
Ci sono casi poi, come quello che riguarda in questi giorni i parlamentari di Scelta Civica, in cui è il partito a cambiare idea, o a venir meno, a scomparire. Questo naturalmente non fa venir meno il fatto che quelle persone siano state legittimamente elette a rappresentare chi ha voluto dare loro il voto. Perciò riteniamo assolutamente legittima la loro scelta di aderire ad un diverso gruppo parlamentare, ora che quello originario non esiste più, per proseguire il compito legislativo a cui sono state chiamate. Tra l'altro, questi onorevoli e senatori, erano già parte della maggioranza, quindi la loro nuova iscrizione non comporta alcun cambio di assetto politico o di linea governativa.
Perciò, gridare 'al lupo, al lupo', come hanno fatto i due soloni, in questo caso è decisamente fuori luogo.

Sarebbe invece un'altra la proposta veramente dirompente (e perciò stesso difficilmente accettabile dall'attuale cultura politica, anzi partitica) per meglio mettere in evidenza il ruolo di rappresentante dei cittadini da parte di chi viene eletto in Parlamento: eliminare i gruppi parlamentari, azzerare la struttura che cristallizza ogni atto, ogni commissione, ogni scelta secondo rigide spartizioni proporzionali al peso dei singoli partiti. Un Parlamento fatto di semplici eletti, rappresentanti dei cittadini non solo senza vincolo di mandato, ma anche senza appartenenza ad un partito, senza bandiere o obblighi precostituiti.
Sarebbe un passo coraggioso, forse il primo vero passo per uscire dalla "Repubblica dei partiti".